MFormazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA

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dal 28 Marzo al 4 Aprile 2010

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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-06

il dossier Dagli aumenti invisibili ai nuovi calcoli: trappole e sorprese del 2010

Scala mobile, conguagli e coefficienti Pensioni, pochi in salvo dalla stretta

Con il mancato aggancio ai salari il potere d’acquisto continua a ridursi

L'attacco del segretario generale della Cisl "Applicare la legge che sostuituì il legame con i salari"

Pensioni, l'attacco di Bonanni "Traditori gli ultimi governi"

Inflazione bassa, scoperte amare Quelle pensioni così povere

Molti falsi poveri davanti al Fisco, troppi veri poveri nei libri paga dell’Inps.

Puntualmente l’analisi delle dichiarazioni dei redditi ci rivela scomode verità, almeno per chi paga le tasse: gli italiani guadagnano poco, meno della media europea.

Ma, se li mettiamo di fronte allo specchio dell’Inps, il ritratto è ancor più drammatico.

Nel 2009 l’ente ha staccato 15 milioni e mezzo di assegni con un importo medio di 773 euro al mese. Per tredici mensilità fanno poco più di 10.000 euro.

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

40° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero:

E' vero ci sono 15 milioni di pensionati con pensioni bassissime.

Ma il vero problema delle pensioni è l'inflazione, l'aumento del costo della vita che nel tempo erode il potere di acquisto delle pensioni, di tutte.

Per quanto riguarda poi il problema delle pensioni basse, nel limite del possibile e delle compatibilità economiche esse devono essere rivalutate.

Questo però non va fatto a scapito delle sacrosante pensioni dei lavoratori dipendenti che all'epoca hanno versato in maniera cospicua i propri contributi, pur essendo penalizzati negli stipendi molto bassi, e non avendo la possibiltà di comprare case o proprietà varie.

Ci sono state invece categorie che hanno mantenuto basso i livelli dei contributi versati, in ciò favoriti dal potere politico amico, consentendo invece notevoli fasce di evasione fiscale e di acquistare case e proprietà.

Allora le pensioni vanno aumentate solo a coloro che non avevano proprietà o più macchine, nuove e di lusso, all'epoca del pensionamento (non già a coloro che non ne hanno più oggi perché le hanno alienate, vendendole o donandole per risultare nullatenenti).

Poi bisogna assolutamente accorpare tutti gli Enti Pensionistici, perché è assurdo avere Enti per decine di migliaia di lavoratori.

Fra l'altro sarebbe bene che il 2% che oggi viene versato da alcune categorie come contributo integrativo a favore degli Enti, vada invece a favore delle pensioni degli assistiti.

E' ASSURDO CHJE LA GESTIONE DEI SISTEMI PENSIONISTICI COSTINO IL 20-25% !

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

 

 

 

AVVENIRE

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2010-01-07

 

 

 

 

 

 

2010-01-06

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-01-07

il dossier | Dagli aumenti invisibili ai nuovi calcoli: trappole e sorprese del 2010

Scala mobile, conguagli e coefficienti Pensioni, pochi in salvo dalla stretta

Con il mancato aggancio ai salari il potere d’acquisto continua a ridursi

Gennaio è, probabilmente, il mese più crudele per i pensionati. Sicuramente quello in cui la temperatura dell'insoddisfazione, e il senso di disagio, raggiunge i livelli più elevati. È il mese del conguaglio fiscale, quasi sempre negativo. Il mese in cui viene trattenuta la prima rata dell'addizionale comunale e regionale. Il mese, insomma, in cui la pensione un po' evapora. È anche, spesso, il mese degli errori nei calcoli. Quest'anno molti pensionati non si sono visti riconoscere la detrazione per moglie a carico perché non avevano compilato lo specifico modulo, diventato obbligatorio. O se la sono vista ritirare per lo stesso motivo.

Fino al 2009 le trattenute erano compensate, almeno in parte, dallo scatto di scala mobile, l'aumento che adegua, con cadenza annuale, le pensioni all'inflazione in modo da mantenerne inalterato il potere di acquisto. Nel 2009, ad esempio, lo scatto è stato sostanzioso perché i prezzi correvano: +3,3% con un aumento di 15 euro al mese per le minime. Quest'anno il paracadute non si è aperto. E le aspettative di veder salire comunque la pensione, com'era sempre stato con un'inflazione dura a morire, sono andate in gran parte deluse.

Ma il 2010 porta anche altre novità che interessano chi è ancora in attività. E non sono novità positive. Facciamo il punto.

Conguaglio negativo

La recessione ha congelato l'economia e portato l'inflazione ai minimi storici. Nel 2010, quindi, la scala mobile gira lenta. Da quando è nata, non è mai andata così piano. L'aumento per le pensioni è solo dello 0,7%. In soldoni vuol dire tre euro in più al mese da spendere per i pensionati al minimo, per i titolari dell'assegno sociale, e per chi gode della rendita maggiorata fino al vecchio milione di lire. Un assegno Inps di mille euro aumenta di 7 euro. Una pensione di 2.000 euro cresce di 14. Oltre i 2.888,80 euro lo scatto di scala mobile scende ancora e si ferma allo 0,545%.

Nessuna penalizzazione, solo una fotografia delle rilevazioni dell'Istat sull'andamento dei prezzi. Ma un'altra doccia gelida per una categoria che dal 1992, con l'eliminazione dell'agganciamento tra pensioni e retribuzioni, ha visto perdere capacità di spesa. Specie con l'entrata in vigore dell'euro e i mancati controlli sulla conversione dei prezzi. Una proposta di legge bipartisan per ripristinare, almeno in parte, un sistema di rivalutazione dei trattamenti collegato all’andamento della dinamica retributiva dei lavoratori attivi è stata presenta da Giuliano Cazzola, vice presidente della commissione Lavoro della Camera. Ma il suo varo è complesso, considerata anche la tenuta dei conti pubblici.

La gelata dell'inflazione ha anche un piccola coda velenosa. L'aumento 2009 era stato calcolato al 3,3%, ma il tasso d'inflazione reale è stato solo del 3,2%. Quindi i pensionati dovranno restituire all'Inps quello 0,1% in più incassato ogni mese nel corso del 2009. Non si tratta di grandi cifre, ma vedere il segno meno sul cedolino della pensione, per la prima volta, contribuisce ad aumentare il senso di disagio di una categoria che non si sente tutelata.

La nuova austerità

Quello che sta per iniziare è, anche, il decennio della nuova austerità previdenziale. Un giro di vite che non interessa, diciamolo subito, i già pensionati, ma solo chi è ancora in attività. I più colpiti saranno i lavoratori più lontani dal traguardo.

Entrano in vigore nel 2010, e poi nel 2015, due misure che dovrebbero rimettere definitivamente in riequilibro il sistema. Dal 2010 scatta la revisione triennale dei coefficienti di calcolo della pensione contributiva: d'ora in poi saranno agganciati alle aspettative di vita. Più queste salgono, più i coefficienti si riducono. E diminuiscono le pensioni perché verranno incassate per più tempo. Già il primo taglio porta a una riduzione che oscilla dal 6,3% all'8,4%.

La sforbiciata ai coefficienti interessa tutti i lavoratori in attività con esclusione di coloro che al 31 dicembre 1995 potevano vantare almeno 18 anni di anzianità.

Dal 2015 non solo il quanto della rendita pubblica dipenderà dalle tendenze demografiche, ma anche il quando. L'età pensionabile, infatti, verrà periodicamente elevata per tenere conto dell'allungamento della vita media. Un’applicazione rigorosa delle serie statistiche porterebbe a uno spostamento in avanti dell’età pensionabile di tre anni per i quarantenni di oggi. E di sei-sette per i giovani.

In buona sostanza d’ora in poi tutti lavoreranno di più e le pensioni saranno più basse. L’allungamento della carriera lavorativa non è, infatti, in grado di compensare la perdita sul fronte dei coefficienti. Un trentenne con 5 anni di lavoro potrà staccare solo a 65 anni e avere una perdita annua di 5.000 euro per l'effetto revisione dei coefficienti rispetto a oggi. Un 50enne perderà circa 2.000 euro l'anno. Il 40enne sta a metà tra queste due soglie.

Pubblico impiego

Dopo aver resistito a lungo all'ondata riformatrice, il settore pubblico è passato all’avanguardia. Inizia nel 2010 il lungo cammino che porterà gradualmente le donne ad andare in pensione con la stessa età degli uomini: 65 anni. Nel periodo 2010 e 2011 alle donne non bastano più i 60 anni di rito, ma ne servono 61. L'età aumenterà di un anno ogni due per arrivare a quota 65 nel 2018. Non cambia nulla nel settore privato.

Il gioco delle quote

Restano invariati per tutto il 2010 i requisiti per la pensione di anzianità. I dipendenti, sommando anni di contribuzione ed età anagrafica, devono raggiungere quota 95. Rispettando due paletti: l'età non può essere inferiore a 59 anni e bisogna avere almeno 35 anni di contribuzione. Per gli autonomi lo scalino è più alto: quota 96 e almeno 60 anni. Per centrare l'obiettivo valgono anche le frazioni d'anno.

Invariato anche il meccanismo delle finestre che si apriranno solo due volte nel 2010 per le pensioni di anzianità con meno di 40 anni di contributi. Continuerà a essere applicato il meccanismo delle uscite programmate anche per la vecchiaia. Quindi, una volta raggiunti i 60 e 65 anni, non si incasserà subito la pensione, come avveniva in passato, ma si dovrà aspettare l'apertura di una delle 4 finestre previste ogni anno. Un meccanismo che penalizza chi ha smesso di lavorare da tempo e sta solo aspettando di compiere l’età giusta. Un modo per aumentare, ma senza dirlo, l'età pensionabile.

Massimo Fracaro

07 gennaio 2010

 

 

 

INflazione bassa, scoperte amare

Quelle pensioni così povere

Molti falsi poveri davanti al Fisco, troppi veri poveri nei libri paga dell’Inps. Puntualmente l’analisi delle dichiarazioni dei redditi ci rivela scomode verità, almeno per chi paga le tasse: gli italiani guadagnano poco, meno della media europea. Ma, se li mettiamo di fronte allo specchio dell’Inps, il ritratto è ancor più drammatico. Nel 2009 l’ente ha staccato 15 milioni e mezzo di assegni con un importo medio di 773 euro al mese. Per tredici mensilità fanno poco più di 10.000 euro. La stragrande maggioranza dei pensionati vive, quindi, con mille euro al mese. Forse meno. E se in casa ci sono due ex lavoratori si arriva a 2.000. Non c’è di che scialare.

Nel 2010 anche la scala mobile girerà lenta. L’inflazione zero ha congelato l’aumento: +0,7%. Le "minime" cresceranno di soli tre euro al mese. Ma le bollette, per fare un esempio, sono rincarate ben di più. Molti pensionati, per la prima volta dopo anni, dovranno anche restituire qualcosa all’Inps perché il costo della vita 2009 è stato inferiore alle previsioni. Un po’ si prende, un po’ si restituisce. E il mini aumento scema ancor di più.

Per decenni la questione previdenziale è stata affrontata dal lato della spesa pubblica. Un’impostazione doverosa, in un Paese che ha brevettato le pensioni di giovinezza. Vi ricordate i 19 anni sei mesi e un giorno dei dipendenti pubblici? O le rendite di anzianità svincolate da un’età minima (si staccava anche a 49 anni)?

Le ultime riforme stanno riportando in equilibrio i conti. E se è vero che i già pensionati sono stati in parte risparmiati, com’era giusto, è altrettanto vero che sono stati quasi completamente dimenticati. Forse è il caso di ridare loro almeno una parte dei risparmi che deriveranno dai nuovi coefficienti di calcolo delle rendite contributive. O dall’agganciamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita.

Dal 2002 ad oggi, a parte l’integrazione decisa dal secondo governo Berlusconi per portare il minimo a un milione di lire — beneficio toccato a una minoranza —, è stato fatto molto poco. Qualche una tantum e la quattordicesima del governo Prodi. Provvedimenti tampone legati al possesso di redditi minimi, da certificare con non pochi fastidi burocratici.

Anno dopo anno le pensioni hanno continuato a rivalutarsi solo grazie all’inflazione misurata dall’Istat, perché la perequazione agli stipendi è stata cancellata negli Anni 90. E così il loro potere di acquisto si è pian piano svilito. Un miglioramento potrebbe venire dall’annunciata, ma mai attuata, creazione di un paniere ad hoc per i pensionati, per tenere conto dei loro veri consumi. Anche le norme fiscali sono penalizzanti sul fronte degli oneri detraibili (le rendite basse non ne beneficiano). E se il coniuge supera con la pensione i 2.840 euro non è più a carico. E si perdono i relativi vantaggi.

Tanti poveri, molti evasori. Perché non cercare di riportare la bilancia in equilibrio? L’Italia nello specchio dell’Inps e del Fisco piacerebbe di più. A tutti.

Massimo Fracaro

06 gennaio 2010(ultima modifica: 07 gennaio 2010)

 

 

 

 

 

 

INflazione bassa, scoperte amare

Quelle pensioni così povere

Molti falsi poveri davanti al Fisco, troppi veri poveri nei libri paga dell’Inps. Puntualmente l’analisi delle dichiarazioni dei redditi ci rivela scomode verità, almeno per chi paga le tasse: gli italiani guadagnano poco, meno della media europea. Ma, se li mettiamo di fronte allo specchio dell’Inps, il ritratto è ancor più drammatico. Nel 2009 l’ente ha staccato 15 milioni e mezzo di assegni con un importo medio di 773 euro al mese. Per tredici mensilità fanno poco più di 10.000 euro. La stragrande maggioranza dei pensionati vive, quindi, con mille euro al mese. Forse meno. E se in casa ci sono due ex lavoratori si arriva a 2.000. Non c’è di che scialare.

Nel 2010 anche la scala mobile girerà lenta. L’inflazione zero ha congelato l’aumento: +0,7%. Le "minime" cresceranno di soli tre euro al mese. Ma le bollette, per fare un esempio, sono rincarate ben di più. Molti pensionati, per la prima volta dopo anni, dovranno anche restituire qualcosa all’Inps perché il costo della vita 2009 è stato inferiore alle previsioni. Un po’ si prende, un po’ si restituisce. E il mini aumento scema ancor di più.

Per decenni la questione previdenziale è stata affrontata dal lato della spesa pubblica. Un’impostazione doverosa, in un Paese che ha brevettato le pensioni di giovinezza. Vi ricordate i 19 anni sei mesi e un giorno dei dipendenti pubblici? O le rendite di anzianità svincolate da un’età minima (si staccava anche a 49 anni)?

Le ultime riforme stanno riportando in equilibrio i conti. E se è vero che i già pensionati sono stati in parte risparmiati, com’era giusto, è altrettanto vero che sono stati quasi completamente dimenticati. Forse è il caso di ridare loro almeno una parte dei risparmi che deriveranno dai nuovi coefficienti di calcolo delle rendite contributive. O dall’agganciamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita.

Dal 2002 ad oggi, a parte l’integrazione decisa dal secondo governo Berlusconi per portare il minimo a un milione di lire — beneficio toccato a una minoranza —, è stato fatto molto poco. Qualche una tantum e la quattordicesima del governo Prodi. Provvedimenti tampone legati al possesso di redditi minimi, da certificare con non pochi fastidi burocratici.

Anno dopo anno le pensioni hanno continuato a rivalutarsi solo grazie all’inflazione misurata dall’Istat, perché la perequazione agli stipendi è stata cancellata negli Anni 90. E così il loro potere di acquisto si è pian piano svilito. Un miglioramento potrebbe venire dall’annunciata, ma mai attuata, creazione di un paniere ad hoc per i pensionati, per tenere conto dei loro veri consumi. Anche le norme fiscali sono penalizzanti sul fronte degli oneri detraibili (le rendite basse non ne beneficiano). E se il coniuge supera con la pensione i 2.840 euro non è più a carico. E si perdono i relativi vantaggi.

Tanti poveri, molti evasori. Perché non cercare di riportare la bilancia in equilibrio? L’Italia nello specchio dell’Inps e del Fisco piacerebbe di più. A tutti.

Massimo Fracaro

06 gennaio 2010(ultima modifica: 07 gennaio 2010)

 

 

 

 

2010-01-06

INflazione bassa, scoperte amare

Quelle pensioni così povere

Molti falsi poveri davanti al Fisco, troppi veri poveri nei libri paga dell’Inps. Puntualmente l’analisi delle dichiarazioni dei redditi ci rivela scomode verità, almeno per chi paga le tasse: gli italiani guadagnano poco, meno della media europea. Ma, se li mettiamo di fronte allo specchio dell’Inps, il ritratto è ancor più drammatico. Nel 2009 l’ente ha staccato 15 milioni e mezzo di assegni con un importo medio di 773 euro al mese. Per tredici mensilità fanno poco più di 10.000 euro. La stragrande maggioranza dei pensionati vive, quindi, con mille euro al mese. Forse meno. E se in casa ci sono due ex lavoratori si arriva a 2.000. Non c’è di che scialare.

Nel 2010 anche la scala mobile girerà lenta. L’inflazione zero ha congelato l’aumento: +0,7%. Le "minime" cresceranno di soli tre euro al mese. Ma le bollette, per fare un esempio, sono rincarate ben di più. Molti pensionati, per la prima volta dopo anni, dovranno anche restituire qualcosa all’Inps perché il costo della vita 2009 è stato inferiore alle previsioni. Un po’ si prende, un po’ si restituisce. E il mini aumento scema ancor di più.

Per decenni la questione previdenziale è stata affrontata dal lato della spesa pubblica. Un’impostazione doverosa, in un Paese che ha brevettato le pensioni di giovinezza. Vi ricordate i 19 anni sei mesi e un giorno dei dipendenti pubblici? O le rendite di anzianità svincolate da un’età minima (si staccava anche a 49 anni)?

Le ultime riforme stanno riportando in equilibrio i conti. E se è vero che i già pensionati sono stati in parte risparmiati, com’era giusto, è altrettanto vero che sono stati quasi completamente dimenticati. Forse è il caso di ridare loro almeno una parte dei risparmi che deriveranno dai nuovi coefficienti di calcolo delle rendite contributive. O dall’agganciamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita.

Dal 2002 ad oggi, a parte l’integrazione decisa dal secondo governo Berlusconi per portare il minimo a un milione di lire — beneficio toccato a una minoranza —, è stato fatto molto poco. Qualche una tantum e la quattordicesima del governo Prodi. Provvedimenti tampone legati al possesso di redditi minimi, da certificare con non pochi fastidi burocratici.

Anno dopo anno le pensioni hanno continuato a rivalutarsi solo grazie all’inflazione misurata dall’Istat, perché la perequazione agli stipendi è stata cancellata negli Anni 90. E così il loro potere di acquisto si è pian piano svilito. Un miglioramento potrebbe venire dall’annunciata, ma mai attuata, creazione di un paniere ad hoc per i pensionati, per tenere conto dei loro veri consumi. Anche le norme fiscali sono penalizzanti sul fronte degli oneri detraibili (le rendite basse non ne beneficiano). E se il coniuge supera con la pensione i 2.840 euro non è più a carico. E si perdono i relativi vantaggi.

Tanti poveri, molti evasori. Perché non cercare di riportare la bilancia in equilibrio? L’Italia nello specchio dell’Inps e del Fisco piacerebbe di più. A tutti.

Massimo Fracaro

06 gennaio 2010

 

 

REPUBBLICA

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2010-01-07

 

 

 

 

 

 

2010-01-06

L'attacco del segretario generale della Cisl

"Applicare la legge che sostuituì il legame con i salari"

Pensioni, l'attacco di Bonanni

"Traditori gli ultimi governi"

Raffaele Bonanni

ROMA - "I governi, tutti i governi degli ultimi 15 anni, hanno tradito i pensionati", soprattutto quelli con i redditi più bassi. Si è trattato di un "tradimento pesante e ingiustificabile" a fronte di "un atto di responsabilità" da parte dei sindacati. L'attacco alla politica viene dal segretario della Cisl Raffaele Bonanni.

"Le pensioni di base - ha detto il segretario della Cisl - sono state troppo esposte al vortice dei prezzi dell'ultimo decennio con l'euro e poi non hanno avuto mai fino in fondo una restituzione che fino agli inizi degli anni Novanta c'era completamente quando le pensioni erano legate ai salari". Ma poi, aggiunge, "i governi, tutti i governi non hanno mai voluto adeguare le pensioni all'aumento medio della vita".

"Per le pensioni alte - continua Bonanni - c'è irritazione ma la situazione alla fine è gestibile. Per le pensioni basse invece la situazione è davvero drammatica soprattutto per quelle persone senza famiglia o che vivono nelle grandi città dove il costo della vita è più alto". Per il dirigente sindacale "si dovrebbe almeno applicare la legge che sostuituì il legame tra pensioni e salari".

La Cisl da anni protesta per questo motivo e conduce una battaglia in questa direzione: "La stiamo conducendo da tempo - sottolinea il leader della Cisl - nella disattenzione generale, l'ultima protesta c'è stata proprio a giugno quando i pensionati del sindacato sono scesi in piazza del Popolo a Roma". Negli anni Novanta "si staccarono le pensioni dai salari - spiega Bonanni - perché questo suscitava anticipo di inflazione, un atto di responsabilità che noi facemmo per non aumentare l'inflazione è stata tramutato in un pesante e ingiustificabile tradimento nei confronti dei pensionati".

(06 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Economia

 

 

L'UNITA'

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2010-01-06

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2010-01-06

 

 

 

 

L'OSSERVATORE ROMANO

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2010-01-04

IL MATTINO

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La GAZZETTA dello SPORT

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CORRIERE dello SPORT

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LA STAMPA

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2010-01-04

SORRISI e CANZONI

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2010-01-02

 

WIKIPEDIA

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GENTE VIAGGI

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AUTO OGGI

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QUATTRO RUOTE

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INTERNAZIONALE

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PUNTO INFORMATICO

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IL SECOLO XIX

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LIBERO

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IL MONDO

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MILANO FINANZA

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ITALIA OGGI

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EUROPA QUOTIDIANO

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LA NAZIONE

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IL FOGLIO

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IL MANIFESTO

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WALL STREET ITALIA

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ARCHEOLOGIA VIVA

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AUDIO REVIEW

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IL FISCO

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ABITARE

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BRAVA CASA

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SECONDA MANO

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PC WORLD

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FINANCIAL TIMES

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EL PAIS

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LE MONDE

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THE NEW YORK TIMES

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THE WALL STREET JOURNAL

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